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Cimitero Monumentale della Misericordia dell’Antella

Bagno a Ripoli, Firenze 

Angeli ©Archivio storico Misericordia Antella

Il Cimitero Monumentale della Misericordia dell’Antella è tra i più rinomati e importanti in Italia sia per le dimensioni, sia per le opere d’arte che vi sono raccolte. È mirabile e straordinario che nel 1856 un piccolo borgo, quale era allora l’Antella, avesse intrapreso, grazie al proprio parroco, un’opera così impegnativa e grandiosa destinata ad accogliere i resti mortali dei Confratelli e Consorelle della Misericordia e del popolo antellese, così da fare del proprio cimitero il secondo in Firenze per monumentalità. Oggi, secondo il FAI, è anche il secondo cimitero monumentale d’Italia dopo quello del Verano a Roma.

Col trascorrere degli anni e fino al 2000, si susseguirono vari progetti di ampliamento: tra tutti vale la pena ricordare l’intervento del 1881 dell’architetto Giacomo Roster, con una lunga e magnifica serie di archi confluenti verso il portico centrale, e due brevi ali laterali che chiudono il vasto piazzale dove si proietta, ingigantita, la cupola dell’arco centrale d’ingresso.

Galileo Chini inizia a lavorare all’Antella nel 1908, all’interno della cappella Carafa (purtroppo le pitture sono state coperte dai loculi e non sono più visibili)

Angeli ©Archivio storico Misericordia Antella

Galileo Chini e la Manifattura al Cimitero dell’Antella 

Nel 1911, poco prima di partire per il Siam, Chini dipinse all’interno della cupola una teoria di angeli ad ali aperte, i volti sognanti e sereni rivolti verso il cielo e le braccia incrociate, a formare un cerchio raffinato di vesti d’oro e bianche, ritmato dalle ali dagli stessi colori. La composizione presenta valenze altamente simboliche; lo si avverte anche nelle fiammelle d’oro raffiguranti le anime dei defunti, che salgono verso la sommità della cupola, che simboleggia il cielo. 

Il cimitero è ornato da molte altre opere d’arte di Galileo, Leto e Tito Chini, e in generale della Manifattura Fornaci San Lorenzo: i pavimenti in ceramica e gres della parte monumentale, i vasi portafiori in gres e ceramica a lustro, le vetrate di molte cappelle, le lunette in ceramica con la raffigurazione di santi e le lampade votive. Di Galileo sono altre pitture murarie nei sottoportici della cupola e in diverse cappelle: la cappella Barocchi con la raffigurazione della Madonna in Trono, la cappella San Guido con la volta decorata da un cerchio di cherubini e angeli adoranti nei pennacchi, la Cappella della Famiglia Bencini con la raffigurazione di Santa Matilda circondata da una corona di rose sorretta dagli angeli, e infine la Cappella di San Silvestro.

La Cappella di San Silvestro: il riposo di Galileo e Elvira

Chini aveva decorato quest’ultima per l’amata figlia Isotta, morta nell’aprile del 1946: ai piedi della croce, di cui vediamo solo la parte bassa con i piedi sanguinanti del Cristo, sono due pie donne ammantate di nero, una col viso rivolto in alto a esprimere speranza nella vita eterna oltre quella terrena, l’altra invece guarda in basso, il volto chiuso nel dolore. Di spalle è una giovane donna inginocchiata in preghiera, con un mantello rosso e un’acconciatura raccolta: è Isotta, sotto di lei la terra si apre, e un teschio è rivolto verso l’osservatore. Galileo Chini e la moglie Elvira sono sepolti qua, con lei.

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